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ECOPEDAGOGIA ed ECOMAIEUTICA. #2: Abitare spessori, non superfici.

Affrontare lo “stato dell’arte” delle ecologie terrestri significa due cose: da un lato, fornire dati, documentazione, studi sulle criticità delle condizioni dei sistemi ecologici, ma dall’altro favorire un’immersione sorprendente negli spessori di quella che è definita la Zona Critica. Cosa significa abitare nel pianeta, anziché sul pianeta? Come cambia il nostro agire e il nostro parlare di “ambiente” se iniziamo a riconoscerci immersi nei flussi metabolici che condividiamo con tutte le altre specie?

Le nostre idee di Terra, di ambiente, di natura e di umanità, determinano il nostro abitare e operare quotidiano nel mondo. Queste idee sono costrutti storici sedimentati in secoli di astrazione sempre più spinta che ci ha estraniato dal contatto intimo, localizzato, di prossimità con la creaturalità che sostiene la vita. In qualche modo siamo diventati extra-terrestri. Abbiamo dimenticato che il pianeta non è un luogo su cui abitare, ma una creazione operata dalla vita stessa nel suo vivere: non è la Terra a “ospitare” la vita è la vita a creare la Terra, a terraformare il pianeta.

Athanasius Kircher, da Mundus Subterraneous, 1665.

Il corso si apre con un primo gesto che è, dunque, quello di procurare una vera vertigine cognitivo/percettiva nella densa vitalità dei luoghi che coabitiamo, siano essi “naturali” o “artificiali”, stimolando uno spostamento di sguardo che abbandona le estensioni per percorrere le verticalità e i cicli. In altre parole, come prima cosa facciamo esperienza di un ritorno in Terra, dal globo al pianeta, nella cui socio-materialità ripensare il nostro posto.

Ripercorriamo i cicli vitali (o biogeochimici di acqua, carbonio, ossigeno, azoto, fosforo) che si ricreano dentro e grazie alle reti trofiche e agli habitat, trattandoli nella loro dimensione verticale, nel loro circuitare di flussi dalle profondità della terra fino ai limiti della troposfera. Ma il vero protagonista è il suolo, questo grande sconosciuto, implicato in tutti i processi planetari (dalla fluidodinamica del clima alla vita marina): un sistema relazionale, generativo, mezzo intestino e mezzo cervello, un gigantesco ecotono di promiscuità, talmente sofisticato e complesso che ridurlo a chimica+biodiversità è a dir poco ridicolo.

Paul Duvigneaud, da La synthèse écologique,1980

L’esperienza di entrare nella Zona Critica è sempre un’operazione territorializzata. Assieme alla comprensione dei grandi pattern planetari, è infatti indispensabile situarsi nei processi del vivente lì dove si è e osservarne soggetti, elementi, strutture, modelli, funzioni, conflittualità e interdipendenze. La narrazione umanocentrica cui siamo abituati si apre alle storie dei luoghi specifici, dei fenomeni locali e degli esseri visibili e non-visibili che vi dimorano, sentono, comunicano, agiscono assieme a noi.

Nel contesto educativo, insegniamo ad assumere una prospettiva che considera la scuola stessa un’ecologia vasta, multispecie e transcontestuale, una zona critica scalabile in cui è possibile osservare specifici modelli di relazione e – attraverso un processo di ecomimesi – ecologizzarli, emulando le condizioni favorevoli alle attività che la comunità scolastica è chiamata a svolgere. Questo ci permette di modificare radicalmente l’idea stessa di progettazione/programmazione perché si tratta di immaginare e realizzare, sempre e comunque, sistemi viventi.

Per chiunque fosse interessato ad un percorso di questo tipo ci contatti a info@ecotono.eu