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ISTAT: Report SDGs 2020 + Covid-19

Il terzo Rapporto sugli SDGs dell’ISTAT è stato presentato il 14 maggio scorso. I dati, naturalmente, sono riferiti al 2019 e al quadro di riferimento statistico a livello mondiale. Il report, tuttavia, ha cercato di dare una visione unitaria che tiene conto dell’impatto del COVID-19 che, a partire dal lockdown, ha influito sulla riduzione delle emissioni dovute ai mutati comportamenti di famiglie e imprese ed esplicita le interazioni tra il COVID-19 e i diversi Goal.

Il Rapporto ha utilizzato un’implementazione del sistema di indicatori predisposto per il monitoraggio dell’Agenda 2030 dell’UN-IAEG-SDGs, cogliendo le interdipendenze dei diversi aspetti. Le misure statistiche diffuse sono 325 (di cui 296 differenti) per 130 indicatori UN-IAEG. Rispetto a dicembre 2019, sono state aggiornate 125 misure statistiche, di cui 187 considerano la dimensione regionale e 61 quella urbana. Tali misure hanno ampi punti di contatto con il sistema degli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (BES): sono 59 le misure statistiche SDGs presenti anche nel sistema BES.

La crisi sistemica causata dalla pandemia non può essere analizzata tralasciando le implicazioni in termini di sostenibilità. La sfida è bilanciare la natura a lungo termine e trasformativa degli SDGs e le sfide a breve termine che spesso hanno la priorità, se non addirittura carattere di urgenza, quali la pandemia. Per il nostro Paese, la misurazione delle dimensioni della crisi, gli interrogativi connessi alla tenuta economica e sociale, con riferimento alle periferie, alle aree territoriali svantaggiate, alle città, alle categorie sociali più deboli, possono essere quindi rilette in maniera integrata ed efficace tramite le misurazioni statistiche disponibili nella Piattaforma statistica dell’Istat sugli SDGs.”

L’analisi degli indicatori comparati sull’anno precedente (2018) e sui 10 anni precedenti mostra un complessivo miglioramento, non senza forti disparità. In particolare, la variazione positiva migliore riguarda gli Obiettivi 2 (Fame zero, +71,4%) e 13 (Agire per il clima, +66,7%):

  • Goal 2: “Nel 2018, le superfici destinate all’agricoltura biologica sono pari al 15,5% della superficie agricola utilizzata in Italia, oltre il doppio della media Ue (7,5%). Le superfici biologiche sono aumentate del 2,6% rispetto all’anno precedente e di oltre il 75% dal 2010. [Tuttavia] Continua a diminuire l’indice di orientamento all’agricoltura della spesa pubblica (passato da 0,35 a 0,19 punti di valore aggiunto del settore fra 2010 e 2018), in direzione contraria a quella auspicata dall’Agenda 2030.”
  • Goal 13: “Le emissioni atmosferiche delle unità residenti italiane, in riduzione nel 2018, sono per i tre quarti generati dalle attività produttive e un quarto dalla componente consumi delle famiglie. Nel 2018, in Italia le condizioni meteoclimatiche favorevoli rispetto all’anno precedente, hanno determinato una riduzione degli incendi, pari a 3.220 incendi, con una diminuzione del 41% per cento rispetto all’anno precedente.”

Mentre per gli Obiettivi 12 (Consumo e produzione responsabili) e 15 (Vita terrestre) si registrano i risultati peggiori (rispettivamente -54,5% e -41,7%):

  • Goal 12: “Il consumo di materiale interno, sia pro capite che rispetto al Pil, è tornato ad aumentare nel corso del 2018 interrompendo la fase di ridu-zione che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni, sebbene con intensità ridotte nell’ultimo quinquennio. Nel 2018, i sussidi alle fonti fossili, pari all’1% del Pil, registrano un nuovo incremento.”
  • Goal 15: “Il consumo di suolo continua ad aumentare (circa 48 km2 di nuove su-perfici asfaltate o cementificate nel corso del 2018). Nel 2018 il 7,6% del territorio italiano è coperto da superfici artificiali impermeabili, che impediscono al suolo sottostante di svolgere le proprie funzioni naturali, e quasi il 40% presenta un elevato grado di frammentazione. Il rischio per la biodiversità è alto: circa il 30% delle specie terrestri di vertebrati e il 20% delle specie di insetti presenti in Italia sono in pericolo di estinzione, mentre continuano a diffondersi specie alloctone invasive (più di 10 nuove specie vegetali e animali introdotte ogni anno, dal 2000 al 2017).”

Il testo, molto dettagliato, è ricchissimo di dati e informazioni, specie per quanto riguarda l’implementazione degli indicatori (ad esempio quelli relativi alle migrazioni) e l’attenzione all’interlinkages: obiettivi, target, indicatori, anche se organizzati in singole componenti, sono interdipendenti. Nel suo complesso, costituisce un quadro di analisi e riferimento indispensabile per qualsiasi policy.

E conclude con un forte richiamo ai temi ambientali: “I cambiamenti climatici, l’inquinamento idrico e i fattori trainanti della perdita di biodiversi-tà, come la deforestazione e il commercio illegale di specie selvatiche, possono aumentare il rischio di ulteriori pandemie, come infezioni trasmesse da vettori o portate dall’acqua. L’inquinamento atmosferico, per via delle possibili malattie respiratorie riduce la salute am-bientale delle comunità. Tali fattori ambientali minano significativamente la salute di ampie fasce di società, in particolare i gruppi vulnerabili. Per l’immediata crisi sanitaria, gli sforzi per sostenere la ripresa economica sono essenziali, ma dovrebbero considerare le azioni per limitare le minacce dei cambiamenti climatici e del degrado ambientale, che potrebbero essere destabilizzanti in un futuro prossimo per le società e le economie, così come lo è stato COVID-19. Processi produttivi e stili di vita devono essere compatibili con la capacità della biosfera di assorbire gli effetti delle attività umane, e, nel contempo, queste devono mantenere ritmi compatibili con l’ecosistema, anche in questa prospettiva mutata, in un contesto socio-economico fortemente perturbato a livello mondiale.”